Nuovo itinerario interattivo, come sempre accompagnato dal percorso memorizzato sull’app Wikiloc, e da una estesa galleria fotografica. Dopo avervi invitati a seguirci con gli itinerari interattivi delle nostre passeggiate su Via Merulana e per il Monte Celio, nel centro storico di Subiaco e all’interno dei Monasteri di Subiaco, oggi vi porteremo in uno dei nostri parchi preferiti della capitale, il Parco degli Acquedotti.
Il Parco degli Acquedotti è uno splendido spazio verde immerso nella città. Si trova a ridosso della zona Appio-Tuscolana delimitata da una parte dal Quadraro, e dall’altra da Cinecittà e le Capannelle. Ci sono diversi punti di accesso al Parco degli Acquedotti, ma l’ingresso principale è quello di Via Lemonia, a breve distanza dalla stazione metro linea A Giulio Agricola.
Come per i precedenti itinerari interattivi, vi proponiamo di seguire il percorso anche a mezzo dell’itinerario interattivo realizzato con l’app Wikiloc.
Il percorso che vi proponiamo è semplice, praticamente in pianura, a parte qualche irregolarità del percorso, che comunque non è asfaltato. Si suggerisce quindi di indossare scarpe comode da camminata o sportive. Il percorso proposto al Parco degli Acquedotti si può compiere in circa 45 minuti di camminata, che come vedete dall’app in realtà diventa un’oretta di tempo totale, incluse le pause per ammirare le bellezze del parco. Pronti? Si parte!
Iniziamo il nostro itinerario al Parco degli Acquedotti incontrando uno dei “punti di uscita” dei flussi d’acqua degli acquedotti romani, un nasone che troviamo proprio all’ingresso del parco. Il nasone è un tipo di fontanella pubblica, classica a Roma, la cui forma ricorda un lungo naso. Si tratta di una delle tipiche fontanelle da cui sgorga acqua potabile, distribuite su tutta la città di Roma.
Il nome Parco degli Acquedotti deriva dalla presenza, in elevato o nel sottosuolo, di ben sette acquedotti romani e papali che rifornivano l’antica Roma: l’acquedotto Anio Vetus (sotterraneo), gli acquedotti Marcia, Tepula, Iulia e Felice (sovrapposti), gli acquedotti Claudio e Anio Novus (anch’essi sovrapposti). In passato quest’area della città era nota con il nome di Roma Vecchia, dal nome dell’omonimo casale che incontreremo nel nostro itinerario, ma anche per il fatto che in questa zona sorgesse quasi un’intera città, per la straordinaria quantità di edifici antichi di diverso genere contenuti dal parco.
La zona del Parco degli Acquedotti verrà destinata a verde pubblico con il piano regolatore del 1965, e a partire dagli anni settanta fu espropriata e liberata dalle baraccopoli, i cosiddetti “borghetti” che si appoggiavano all’Acquedotto Felice. Nonostante la Sovrintendenza ai Beni Culturali avesse provveduto ai restauri, tutto era rimasto piuttosto abbandonato, e nuove costruzioni abusive continuarono a sorgere di continuo nell’area. Fino al 1986, quando di fronte allo stato di degrado dell’area e al rischio di speculazione edilizia, alcuni cittadini crearono il Comitato per la Salvaguardia del Parco degli Acquedotti e di Roma Vecchia, che riuscì nel 1988 a far inserire l’area del Parco degli Acquedotti nel Parco Regionale dell’Appia Antica.
Mentre la maggior parte degli acquedotti presenti nel Parco degli Acquedotti risalgono a Roma antica, all’interno del parco è anche possibile trovare un acquedotto “moderno”, realizzato tra il 1585 e il 1587, dopo oltre tredici secoli e mezzo dalla realizzazione dell’ultimo acquedotto. Stiamo parlando dell’Acquedotto Felice, realizzato dagli architetti Matteo Bortolani e Giovanni Fontana (che dovette correggere gli errori di progettazione del collega) durante il pontificato di Papa Sisto V (al secolo Felice Peretti, da cui, appunto, il nome dell’acquedotto).
L’Acquedotto Felice riutilizzò le sorgenti dell’Aqua Alexandrina e altre delle zone limitrofe, terminando il suo percorso alla Fontana del Mosè di Domenico Fontana. La costruzione di questo acquedotto causò in alcuni tratti la distruzione dei più antichi acquedotti Marcio, Tepula e Iulia. Lo scopo principale della costruzione dell’Acquedotto Felice era quello di portare acqua alle zone dei colli Viminale e Quirinale, ma anche e soprattutto di rifornire d’acqua la villa papale che si estendeva su entrambi i colli.
Gli undici acquedotti di epoca romana che saranno costruiti dal 312 a.C. porteranno una grandissima quantità di acqua nella città, con una disponibilità d’acqua pro capite pari a circa il doppio di quella attuale. L’acqua poteva anche essere distribuita nelle case private, servizio che si otteneva pagando una tassa che permetteva di disporre di un’allaccio privato (ma solo per pochi privilegiati). Si è calcolato che l’acqua proveniente da questi antichi acquedotti serviva numerose fontane pubbliche (circa 1.300), le fontane monumentali (15), le piscine (circa 900) e le terme pubbliche (11), nonché i bacini utilizzati per gli spettacoli come le naumachie (2) e i laghi artificiali (3).
Nel nostro itinerario all’interno del Parco degli Acquedotti incrociamo anche un canale artificiale, conosciuto con il nome di Fosso Acqua Mariana. Si tratta di un fosso artificiale costruito nel 1122 da Papa Callisto II per garantire l’adduzione di acqua alla città di Roma, in particolare per alimentare i molini ed irrigare gli orti di proprietà della Basilica di S. Giovanni in Laterano in alternativa agli acquedotti fatiscenti. Con il termine “marrana” (in dialetto romano marana) vengono indicati, nella città di Roma, i fossi e i piccoli corsi d’acqua che attraversano il territorio urbano. Il termine Marrana sembra derivi da Ager Maranus, zona nei pressi della Via Appia dove scorreva (e in parte scorre tuttora) il Fosso dell’Acqua Mariana. Per estensione la parola Marrana passò poi a indicare tutti i fossi romani. Nel corso del 900′ l’acqua del fosso è stata deviata nel Fosso del Calicetto, che confluisce nell’Almone.
Il nome del Casale Roma Vecchia deriva probabilmente dalle rovine della vicina Villa dei Setti Bassi e di altri monumenti romani rinvenuti in quest’area tra il IV e il V miglio dell’antica Via Latina. Originariamente doveva trattarsi di un casale-torre con funzione di difesa e di controllo degli acquedotti Claudio e Marcio; successivamente fu trasformato in casale agricolo dando il nome alla tenuta che, alla fine del XVIII secolo, riuniva le più importanti proprietà della famiglia Torlonia.
L’Acquedotto Claudio (in latino Aqua Claudia) è l’ottavo acquedotto in ordine di costruzione nell’area, ed è stato uno dei più importanti acquedotti della Roma antica, sia per le tecnologie d’avanguardia utilizzate nella costruzione, sia per il notevole impegno di mano d’opera, ma soprattutto per l’entità delle spese sostenute per realizzarlo.
La costruzione dell’Acquedotto Claudio fu avviata nel 38 d.C. dall’imperatore Caligola e fu terminata sotto il principato di Claudio nel 52 d.C; pare tuttavia che l’acquedotto fosse già attivo nel 47 d.C, cinque anni prima della sua ultimazione. L’acquedotto rivestì subito una grande importanza sia per la sua efficienza che per la crescente necessità di acqua da parte di una città in continuo aumento di popolazione.
L’Acquedotto Claudio raccoglieva l’acqua dai piccoli laghi formati da due sorgenti, denominate Curzia e Cerulea, caratterizzate da acque molto limpide (la cui qualità sembra fosse inferiore solo a quella dell’Acqua Marcia), entrambe situate nell’alta valle dell’Aniene, tra gli odierni comuni di Arsoli e Marano Equo.
L’Acquedotto Claudio era lungo 46,406 miglia romane, pari a 68,681 km, dei quali circa 16 km in viadotto di superficie, con circa 11 km su arcuazioni e circa 5 km su ponti. L’ altezza dell’Acquedotto Claudio, compreso il condotto dell’Anio Novus sovrapposto a quello dell’Aqua Claudia, varia da un minimo di 17 metri a un massimo di 27,40 metri. In corrispondenza dei numerosi tratti crollati dell’Acquedotto Claudio sono visibili i due condotti in cui l’Acquedotto Anio Novus è sovrapposto all’altro, entrambi di 1,14 m di larghezza per 1,75 m di altezza; il condotto inferiore è realizzato in opera quadrata, mentre quello superiore è in opera reticolata e laterizio.
L’acqua trasportata dall’acquedotto giungeva nella piscina limaria, una camera di decantazione dove veniva pulita dalle impurità più evidenti. Sebbene la portata giornaliera fosse di 4.607 quinarie, pari a 191.190 m³ al giorno e 2.211 litri al secondo, a causa delle erogazioni intermedie e delle intercettazioni abusive, solo 3.312 quinarie giungevano alla “piscina”, e solo 2.855 quinarie al “castello terminale” (castellum), dove l’acqua si univa a quella dell’Anio Novus. Il “castello” si trovava poco oltre Porta Maggiore (esisteva fino al 1880) e consisteva di 5 grandi cisterne rettangolari da cui le acque si dirigevano verso altri 92 “castelli” secondari, che provvedevano allo smistamento nell’area urbana.
All’interno del Parco degli Acquedotti è possibile trovare una parte della Via Latina, una strada romana che da Roma andava in direzione sud-est per 240 km, e terminava a Benevento. A differenza della maggior parte delle strade romane, questa strada non porta il nome del costruttore, suggerendo così che si tratti di una delle strade più antiche. Un percorso realizzato tra il IV e il III secolo a.C., ma che veniva già utilizzato in età preistorica; ad esempio, gli Etruschi lo usarono per colonizzare la Campania tra i secoli VIII e VI a.C. E’ possibile ammirare tutt’ora all’interno del Parco degli Acquedotti una porzione dell’antico tracciato stradale della Via Latina, e considerevoli resti sono visibili subito fuori Roma. La via è larga circa 4 metri e lastricata in tutto il percorso con massi poligonali in selce (basoli); sono presenti resti di tombe, ville romane, torri e casali medievali. A seguito di lavori di manutenzione del Parco degli Acquedotti è stato rinvenuto un tratto di questa pavimentazione nel letto del Fosso dell’Acqua Mariana.
L’Acquedotto Felice è impostato su antichi acquedotti romani, come l’Acquedotto Tepula, ultimo acquedotto dell’età repubblicana ed il quarto costruito dai censori Gneo Servilio Cepione e Lucio Cassio Longino nel 125 a.C.. Il nome dell’Acquedotto Tepula era dovuto alla temperatura “tiepida” dell’acqua, circa 16-17 gradi alle sorgenti, che erano situate nella zona vulcanica dei Colli Albani, al X miglio della Via Latina tra gli odierni comuni di Grottaferrata e Marino. Fino all’epoca augustea l’Acquedotto Tepula scorreva lungo un tragitto completamente sotterraneo, servendosi anche delle strutture dell’Acquedotto dell’Aqua Marcia, del quale poi utilizzò in parte anche le arcuazioni esterne.
Altro acquedotto che si può trovare nelle strutture sottostanti all’Acquedotto Felice è appunto l’Acquedotto dell’Acqua Marcia (in latino Aqua Marcia) o Acquedotto Marcio; è il terzo acquedotto di Roma antica, costruito nel 144 a.C. dal pretore Quinto Marcio Re. Lungo circa 90 km, l’Acquedotto dell’Acqua Marcia accoglieva l’acqua dell’alto bacino dell’Aniene e, contrariamente all’Anio Vetus, che prendeva acqua dal corso del fiume, attingeva direttamente da una delle sue sorgenti, caratterizzata da un’acqua di ottima qualità e purezza, tanto da essere considerata la migliore tra quelle che arrivavano a Roma. Di tutta questa straordinaria opera restano visibili le basse arcate presso il Casale di Roma Vecchia all’interno del Parco degli Acquedotti, ed in altri tratti prossimi alla città. Nel XVI secolo le arcate dell’Acquedotto Marcio vennero distrutte, e i suoi piloni usati come fondazione per l’Acquedotto Felice voluto da Papa Sisto V.
Le tubazioni delle condutture erano infatti realizzate in piombo (difficile da saldare) o in terracotta in una camicia di cemento (scarsamente resistente alle alte pressioni). Per ovviare a questi problemi tecnici, in molti casi si preferì allungare il percorso del tracciato, anche di molto (è il caso dell’Aqua Virgo), per poter assecondare le naturali caratteristiche del terreno e mantenere il più possibile costante una regolare pendenza. Per questo motivo molti acquedotti risultano notevolmente più lunghi della distanza lineare fra la sorgente e il punto di erogazione. Il percorso degli acquedotti romani era preferibilmente sotterraneo, in uno specus scavato nella roccia; in qualche caso correva in superficie, coperto con lastre di pietra, e solo per l’attraversamento di corsi d’acqua o depressioni correva su muri o su arcate.
Alla fine del percorso dell’acqua si trovava una costruzione (castellum aquae) che conteneva altre camere di decantazione e la vasca terminale da cui l’acqua veniva distribuita nelle condutture dell’utenza urbana. All’interno della città altri “castelli” provvedevano ad ulteriori ripartizioni del flusso, e d’altra parte potevano esserci anche “castelli” posizionati prima di quello principale, per le eventuali utenze delle ville extraurbane.
Fino all’epoca imperiale la figura competente per la cura aquarum era il censore, cioè il magistrato responsabile delle opere pubbliche, affiancato di solito da un edile curule che era invece responsabile, più genericamente, del demanio, e dai questori, che curavano l’aspetto economico dei progetti, dal finanziamento per la realizzazione dell’opera alle spese di manutenzione e di retribuzione delle maestranze, nonché alla riscossione degli eventuali canoni di utilizzazione. Il censore affidava di solito la realizzazione di un acquedotto tramite la concessione in appalto, e ne curava poi il collaudo finale, mentre l’edile si occupava piuttosto della distribuzione delle acque e dell’erogazione. La magistratura rimase in vigore per oltre tre secoli, finché, prima con Diocleziano e poi con i suoi successori, il controllo degli acquedotti venne affidato al Praefectus Urbi.
Tutte le conoscenze sulla realizzazione, l’amministrazione, la gestione e la normativa che regolava l’approvvigionamento idrico dell’antica Roma e la costruzione degli acquedotti, derivano dall’opera di Frontino, che fu curator aquarum dal 97 al 103-104d.C. Il suo trattato “De Aquis Urbis Romae“, è l’unica e più autorevole fonte per la conoscenza delle leggi, editti e decreti sull’argomento (in particolare la Lex Quinctia proposta dal console Quinzio Crispino nel 9 a.C., di cui Frontino riporta il testo integrale), nonché sulle specifiche tecniche, le misurazioni e le metodologie costruttive e distributive degli acquedotti dell’antica Roma.
I più recenti interventi di miglioramento realizzati al Parco degli Acquedotti sono l’eliminazione dei vecchi orti abusivi, il ripristino idrico e paesaggistico dell’Acqua Mariana e il collegamento ciclo-pedonale con l’area di Tor Fiscale, nonché la creazione di un’area giochi e fitness.
Una curiosità “moderna“: il Parco degli Acquedotti è stato utilizzato come set per diverse produzioni cinematografiche, tra cui La Dolce Vita, Mamma Roma, Il Marchese del Grillo, La Grande Bellezza e la serie televisiva Roma.
Piaciuta la nostra passeggiata al Parco degli Acquedotti? Vi piacciono i nostri itinerari interattivi Wikiloc? Allora ne approfittiamo per darvi i link di tutti gli itinerari interattivi Wikiloc pubblicati ad oggi: Una passeggaiata su Via Merulana, la nostra Passeggiata per il Monte Celio, e quella nel Centro Storico di Subiaco che va insieme al nostro itinerario all’interno dei Monasteri di Subiaco.
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