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Storie di Roma

Il blog di Fabio Salemme su RomaGuideTour.it

L’Agricoltura e le Fattorie Agricole nell’Antica Roma

luoghi di roma, storia di roma

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Fuori dalle grandi metropoli del mondo antico sorgevano svariate fattorie che con la loro produzione agricola provvedevano ai bisogni di base della città . Le fattorie dell’antica Roma erano ville rustiche, in origine sostanzialmente un’azienda agraria a conduzione familiare dove veniva prodotto tutto ciò che era necessario al sostentamento dello stesso nucleo familiare.

Successivamente, con l’accrescersi della potenza di Roma che ad ogni sua conquista portava nei confini dell’impero centinaia di migliaia di schiavi da sfruttare nei più svariati lavori, queste ville rustiche diventarono sempre più grandi e sontuose, tanto da coprire centinaia di migliaia di ettari; un’estensione compresa tra i 200-250 ettari sembra fosse la misura media di queste fattorie. C’è quindi da immaginare che la produzione di queste fattorie diventò un’attività il cui scopo principale non era più semplicemente quello di sfamare il padrone, ma anche e soprattutto di vendere i prodotti in eccesso, anche su mercati lontani.

Tra le fattorie dell’antica Roma possiamo sicuramente citare quella che è stata ritrovata nei pressi della stazione metro C di San Giovanni, un’azienda agricola della Roma imperiale del I sec d.c. (anche se i primi resti risalirebbero al III a.c.) dotata del più grande bacino idrico romano mai ritrovato. La vasca era foderata di coccio pesto idraulico e misurava circa 35 metri per 70, pari a un quarto di ettaro, 2.450 metri quadrati e si ipotizza che potesse conservare oltre i 4 milioni di litri d’acqua. Sembra probabile che la funzione principale di questo bacino fosse quella di riserva d’acqua a servizio delle coltivazioni, e vasca di compensazione per far fronte alle piene del vicino fiume.

Nessun’altro bacino rinvenuto nell’agro romano ha dimensioni paragonabili al bacino di San Giovanni, che è addirittura più grande di ogni natatio e peschiera nota nel mondo romano. Una curiosità: negli scavi di San Giovanni, oltre a questo gigantesco bacino, sono stati ritrovati semi di pesco, una pianta originaria del medio oriente che, all’epoca, era quindi già  nota ai Romani.

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Tra i ritrovamenti degli scavi archeologici anche diversi utensili tipici del mondo rurale, come un forcone a tre punte, i resti di ceste realizzate con rametti di salice intrecciati ed utensili legati al mondo della caccia, come due frecce trovate sul fondo della vasca e ancora aste di legno perfettamente conservate con una punta metallica ancora al suo posto, una rarità  dovuta alle speciali condizioni di umidità e anossicità .

Tra gli altri ritrovamenti degli scavi archeologi di San Giovanni ci sono anche diverse tegole, tubuli, antefisse architettoniche e altro materiale spesso contrassegnato da lettere ‘TL‘ iscritte in un cerchio, sigla che indica l’appartenenza di queste strutture a un unico impianto e proprietario, la cui identità ancora oggi resta sconosciuta. L’azienda agricola cesserà  di funzionare alla fine del I secolo; le sue murature e strutture verranno rasate e interrate, probabilmente a seguito di una decisione di Frontino (famoso per il trattato sugli acquedotti, il De aquaeductu urbis Romae), nominato Curator Aquarum nel 97 d.C. dall’imperatore Nerva.

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La villa suburbana intesa come azienda agricola si sviluppò soprattutto in Italia centrale, dalla Campania all’Etruria, ed è stata considerata da alcuni studiosi come la forma produttiva più originale, efficiente e razionale che l’economia romana abbia prodotto, la più vicina a sfiorare un modo di produzione propriamente capitalistico, vera fabbrica rurale organizzata.

Come dicevamo in apertura di articolo, le produzioni delle fattorie dell’antica Roma erano piuttosto differenziate e includevano piantagioni (soprattutto di ulivi e vite) e altre coltivazioni intensive, orti, pascoli, impianti di trasformazione, depositi, mezzi di trasporto, mentre il lavoro era affidato a una massa di schiavi organizzati con disciplina militare, inquadrati da sorveglianti, schiavi anch’essi, sotto la direzione di un vicario del padrone, il villicus. Non c’è da sorprendersi se alla fine qualche schiavo tentava di scappare.

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