Da qualche giorno a Roma è stata inaugurata la nuova stagione del Teatro dell’Opera di Roma, che porterà nella capitale alcune tra le produzioni e tra gli interpreti più quotati del mondo dell’Opera. In parallelo, il teatro dell’Opera di Roma lancia anche il Caracalla Festival, che nella celebre area archeologica delle Terme di Caracalla ospiterà un cartellone estivo ricco di spettacoli: opera, danza, cinema, teatro, musica sinfonica, jazz e pop. Scoprite sul sito dell’Opera di Roma e sulla pagina dedicata al Caracalla Festival il programma delle due iniziative dell’Opera di Roma per prenotare il vostro spettacolo preferito.
Approfittiamo di questa occasione però per ricordare che Roma ha ispirato anche grandi compositori, tra cui Giacomo Puccini, che ambienta proprio nella Città Eterna la sua Tosca, grande opera della nostra tradizione musicale. L’Opera di Roma rende sempre omaggio a Puccini; quest’anno in programma la Madame Butterfly diretta da Àlex Ollé (La Fura dels Baus), mentre lo scorso anno nel calendario dell’Opera di Roma andava di scena la Turandot, diretta dal celebre artista e attivista cinese Ai Weiwei, che oltre alla regia aveva firmato le scene, i costumi e i video dello spettacolo.
Puccini non ha ambientato molte delle sue opere in Italia: spesso ha preferito scegliere luoghi esotici, come la Cina di Turandot e la Nagasaki di Madama Butterfly, oppure Parigi per La bohème. Tosca è invece ambientata proprio nella Roma del 1800, e segue gli eventi storici di quegli anni: la caduta della Repubblica Romana, la restaurazione dello Stato Pontificio, gli echi rivoluzionari provenienti dalla Francia, la battaglia di Marengo, dove le truppe francesi guidate da Napoleone sconfissero lo schieramento austriaco.
La storia della Tosca di Puccini, che trae ispirazione dall’omonimo dramma di Victorien Sardou, ruota attorno a tre personaggi principali: Tosca, Cavaradossi e Scarpia. I tre personaggi sono legati da una storia che intreccia amore, gelosia, potere e grandi ideali. Gli atti dell’opera sono tre e altrettanti sono i luoghi in cui la storia è ambientata.
ATTO PRIMO: SANT’ANDREA DELLA VALLE
L’atto primo della Tosca si svolge nella Basilica di Sant’Andrea della Valle. Qui il pittore Cavaradossi, mentre sta dipingendo un quadro sulla Madonna, incontra Cesare Angelotti, ex console della Repubblica Romana, fuggito da Castel Sant’Angelo, dov’era tenuto prigioniero. Poco dopo si incontrano nella chiesa anche Tosca, amante di Cavaradossi, e il barone Scarpia, capo della polizia e innamorato della stessa Tosca, che provocherà la gelosia della donna per scoprire il luogo segreto dove Cavaradossi tiene nascosto il fuggiasco Angelotti.
La Chiesa di Sant’Andrea della Valle si trova in Piazza Vidoni, nel Rione Sant’Eustachio e probabilmente prende il nome dal Palazzo della Valle, che sorge là accanto. Costruita tra il 1590 e il 1650 da Giacomo della Porta, Francesco Grimaldi e Carlo Maderno, venne per lo più finanziata dal cardinal nipote di Sisto V, Alessandro Peretti. I lavori furono completati dalla facciata di Carlo Rainaldi (1655-65). La cupola di Maderno è la terza più alta di Roma, dopo quella di San Pietro in Vaticano e quella dei Santi Pietro e Paolo all’EUR. L’interno, a croce latina, è ricco di capolavori che vanno dal 400 (Tomba di Pio II) al 900 (Cappella di San Gaetano Thiene), ma è il 600 il secolo meglio rappresentato, tanto da poter essere definita una summa dello stile barocco a Roma.
All’interno della Chiesa di Sant’Andrea della Valle non si trova la Cappella Attavanti, elemento di finzione e presente nel libretto della Tosca, ma sembra che Puccini si sia ispirato alla Cappella Barberini, una delle tre cappelle nella basilica. Da notare che Victorien Sardou, nell’opera originale, ambienta il primo atto in un’altra chiesa, Sant’Andrea dei Gesuiti (o Sant’Andrea al Quirinale), ma secondo alcuni critici, dalla descrizione che ne fa, Sardou voleva riferirsi proprio a Sant’Andrea della Valle e fece confusione con i nomi.
SECONDO ATTO: PALAZZO FARNESE
Il secondo atto della Tosca è ambientato a Palazzo Farnese, dove risiede Scarpia. Qui Cavaradossi viene torturato e poi condannato a morte; Tosca per salvarlo è disposta a qualsiasi cosa e Scarpia ne approfitta, concedendo la grazia e un salvacondotto per i due amanti a patto che Tosca gli si conceda. Seppur inorridita, Tosca è costretta a cedere, ma nel momento in cui Scarpia si avventa su di lei, Tosca con un coltello lo pugnala a morte. La scena, uno dei momenti più drammatici dell’opera, è rappresentata in una delle locandine dell’opera, con Tosca che religiosamente dispone due candelabri intorno al corpo esanime e un crocefisso sul petto.
Palazzo Farnese, di proprietà dello Stato Italiano, è dal 1936 Ambasciata di Francia e dell’École française de Rome. La sua costruzione è iniziata nel 1513 su richiesta del cardinale Alessandro Farnese (1468-1549), eletto pontefice il 13 ottobre 1534 con il nome di Paolo III. Per l’edificazione occorreranno in tutto settantasei anni di lavori (1513-1589) con l’intervento di quattro architetti di fama tra cui Sangallo il Giovane e Michelangelo. Alla morte di Paolo III, il Palazzo passa a suoi discendenti: ai suoi nipoti Ranuccio (1530-1565) detto il cardinale Sant’Angelo e Alessandro detto il Giovane (1520-1589), in seguito al pro-pro nipote Odoardo (1573-1626), tutti e tre cardinali, che completeranno la costruzione e la decorazione di Palazzo Farnese. Con Elisabetta Farnese (1692-1766), ultima discendente diretta e sposa di Filippo V di Spagna, il Palazzo entra a far parte del patrimonio della famiglia Borbone di Napoli.
Poco dopo l’Unità d’Italia e la proclamazione di Roma capitale, l’Ambasciatore di Francia, il Marchese di Noailles, ottiene da Francesco II, ultimo Re delle Due Sicilie, di affittare Palazzo Farnese per ospitare l’ambasciata, che così lo occuperà dal 1874. Nel 1875, l’École Française de Rome, istituto di ricerca e biblioteca, sarà ospitata al secondo piano di Palazzo Farnese. Acquistato dalla Francia nel 1911, il Palazzo è ricomprato dallo Stato Italiano nel 1936 in virtù di una clausola di prelazione. Lo stesso anno i due Stati firmano un accordo fondato sull’affitto reciproco delle due ambasciate, quella italiana a Parigi e quella francese a Roma, per una durata di 99 anni, in cambio di una cifra simbolica.
Tra i capolavori di Palazzo Farnese spicca la celeberrima Galleria Carracci, realizzata tra il 1597 e il 1608 dai fratelli Annibale e Agostino Carracci, esponenti del nuovo classicismo cinquecentesco: una magnifica volta di 20 metri affrescata con soggetti mitologici provenienti dalle Metamorfosi di Ovidio. Gli affreschi, tra giochi ottici e prospettici, sovrappongono scultura, pittura e architettura, in un trionfo di luce, forme e colori che da oltre quattrocento anni stupiscono e affascinano gli osservatori.
La Galleria di Palazzo Farnese, decorata principalmente da Annibale, è considerata ancora oggi il suo capolavoro e costituisce la più perfetta conclusione di un secolo e mezzo d’innovazioni pittoriche in Europa, prima della nascita delle grandi correnti artistiche del Seicento. Tra gli altri capolavori di Palazzo Farnese, il Salone d’Ercole con arazzi del XVII secolo, i sarcofagi ornati di scene mitologiche e sormontati da sculture di navi da guerra romane, la Galleria di Murano, e il Camerino, anch’esso meravigliosamente affrescato da Annibale Caracci.
TERZO E ULTIMO ATTO: CASTEL SANT’ANGELO
Il terzo ed ultimo atto della Tosca di Puccini è ambientato a Castel Sant’Angelo. E’ l’alba e Cavaradossi attende l’ora in cui verrà giustiziato, cantando la malinconica e struggente aria E lucevan le stelle. Tosca entra in scena all’improvviso e comunica all’amato che finalmente sono salvi: gli mostrerà il salvacondotto e lo informerà della fucilazione simulata, pattuita con Scarpia prima della sua morte. Ma, come è noto a molti, il finale andrà diversamente: Cavaradossi verrà veramente fucilato e Tosca, sconvolta e inseguita dalle guardie che hanno scoperto l’assassinio di Scarpia, sale sul parapetto e gridando O Scarpia, avanti a Dio!, si getta dal bastione.
Edificato intorno al 123 d.C. come sepolcro per l’imperatore Adriano e la sua famiglia, Castel Sant’Angelo ha un destino atipico nel panorama storico-artistico della capitale. Mentre tutti gli altri monumenti di epoca romana vengono travolti, ridotti a rovine o a cave di materiali di spoglio da riciclare in nuovi, moderni edifici, Castel Sant’Angelo – attraverso una serie ininterrotta di sviluppi e trasformazioni che sembrano scivolare l’una nell’altra senza soluzione di continuità – accompagna per quasi duemila anni le sorti e la storia di Roma.
Nel corso della storia la funzione di Castel Sant’Angelo si è più volte trasformata: a partire dal V secolo divenne una fortezza oltre il Tevere a difesa di Roma, dalla prima metà del X secolo fu utilizzato anche come prigione, funzione che conserverà fino al 1901, e sempre nello stesso secolo, papa Niccolò III decise di trasferirvi parte della sede apostolica perchè ritenuto molto sicuro.
Nei secoli successivi furono costruite al suo interno le stanze papali, mentre l’esterno di Castel Sant’Angelo fu dotato ulteriori fortificazioni, soprattutto sotto il papato di Alessandro VI, tanto che nel 1527 il castello resistette al Sacco di Roma dei Lanzichenecchi. Nell’Ottocento Castel Sant’Angelo venne utilizzato come carcere politico, ma dai primi del Novecento è diventato un museo, funzione che conserva ancora oggi incarnando le vicende della Città Eterna dove passato e presente appaiono indissolubilmente legati.
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