Abbiamo più volte parlato di Ostia Antica e dei suoi monumenti, anche citando la vicinanza del porto, del quale oggi vi parleremo più in dettaglio. Porto, in latino Portus, è un agglomerato urbano situato a nord di Ostia sulla riva destra del Tevere e sul litorale tirrenico. L’antico Porto della Roma antica occupava un’area di circa 70 ettari in prossimità di dove oggi sorge l’aeroporto di Fiumicino, ed oggi zona archeologica protetta e aperta al pubblico, con il nome di Parco Archeologico Oasi Porto di Roma.
Il Porto della Roma antica costituiva il principale porto e scalo commerciale della capitale dell’Impero Romano, ed ha avuto diverse fasi di sviluppo, che possiamo riassumere in due fasi: la Fase Claudiana e quella Traianea.
La Fase Claudiana
Il principale scalo costiero di Roma, per lungo tempo, fu quello fluviale alla foce del Tevere, presso l’antica città di Ostia. Successivamente, con l’aumento progressivo del fabbisogno dell’Urbe, l’imperatore Claudio decise di costruire un complesso portuale più ampio e sicuro, individuando il sito adatto a circa 4 chilometri a nord di Ostia.
La capitale dell’impero era in continua crescita demografica ed era perennemente afflitta da gravi problemi di approvvigionamento, soprattutto durante la cattiva stagione, quando la navigazione era sospesa per diversi mesi a causa del cattive condizioni meteorologiche. L’imperatore Claudio decise quindi di far costruire un porto artificiale sobbarcandosi un’enorme spesa economica che generò non pochi malumori, e un accoglienza tutt’altro che positiva. All’enorme spesa si aggiunse una costante manutenzione dovuta alla pericolosa vicinanza del Tevere, che nella stagione delle piene portava grandi quantità di terra, in grado di inibire il funzionamento dell’intera struttura.
La costruzione del Porto di Claudio iniziò nel 42 d.C. con lo scavo di buona parte del bacino ricavato dalla terra ferma; il bacino portuale si protendeva poi verso il mare aperto, con due lunghi moli che delimitavano a tenaglia un’ampia superficie. A completare questa monumentale struttura si aggiunse la sistemazione della Via Portuense come asse di collegamento lungo circa 24km tra il complesso portuale e la città di Roma, oltre a due canali artificiali che assicuravano il collegamento tra il porto e il fiume Tevere.
L’imponenza di queste strutture è ancora oggi visibile sia nelle fondazioni del molo settentrionale, per una lunghezza di circa un chilometro alle spalle del Museo delle Navi (di cui vi parleremo presto), ma anche in altre strutture funzionali pertinenti al porto, come la cosiddetta Capitaneria (un complesso di uffici e spazi di rappresentanza utilizzati per la gestione del traffico portuale), una cisterna e alcuni edifici termali, tutte opere realizzate nel II secolo d.C. e restaurate a più riprese fino al IV secolo.
Altro elemento simbolo di questo monumentale porto era sicuramente il faro di segnalazione, che secondo la leggenda fu fondato sulla nave fatta costruire da Caligola, un’imbarcazione di considerevoli dimensioni capace di sostenere il peso dell’obelisco per il Circo Vaticano (oggi a piazza San Pietro). La nave di Caligola venne fatta affondare con un carico di zavorra di oltre 1.000 tonnellate, creando così un isolotto sul quale poi sarà costruito il faro di segnalazione.
Sappiamo che la costruzione dell’antico Porto di Roma fu completata durante il regno dell’imperatore Nerone, che lo battezzò Portus Augusti. Il nuovo porto presentava diversi vantaggi rispetto al vecchio porto di Ostia; in primis era un porto marittimo e non fluviale, dunque permetteva l’attracco di navi di grande pescaggio, al contrario dello scalo Ostiense, che necessitava di travaso di merci al largo. Il Porto di Roma era inoltre riparato rispetto ai venti di sud-ovest, così da proteggere le imbarcazioni all’ancora, ma presentava delle criticità dovute soprattutto all’ampiezza del bacino, che non consentiva una protezione completa, mentre la mancanza di un flusso interno provocava un precoce insabbiamento dello scalo, che necessitava di frequenti ed onerose operazioni di dragaggio.
La Fase Traianea
Tacito riporta che già nel 62, prima quindi che i lavori del nuovo Porto di Roma fossero portati a compimento, una tempesta affondò 200 navi mentre un altro centinaio, che erano penetrate nel Tevere, andarono perse a causa di un incendio. Tale episodio, sommato alle ingenti spese di mantenimento, evidenziò la scarsa affidabilità del porto. Per questi motivi l’imperatore Traiano decise di commissionare al suo architetto Apollodoro di Damasco un nuovo porto artificiale, più funzionale e più arretrato dalla costa rispetto a quello realizzato da Claudio quasi cinquanta anni prima.
I lavori durarono dal 100 al 112, e portarono alla realizzazione di un nuovo bacino di forma esagonale che copriva una superficie 32 ettari con lati di 358 metri, profondo 5 metri e con 2.000 metri di banchina. Il nuovo porto interno poteva ospitare al suo interno almeno 200 navi di grande tonnellaggio, che potevano attraccare alla prima fila della banchina e scaricare merci, soldati, schiavi e animali provenienti da ogni parte dell’impero.
Il Portus Traiani era infatti dotato di un articolato sistema di magazzini e depositi per permettere lo stoccaggio delle merci e, mediante alcuni accorgimenti tecnici, per garantire una miglior conservazione delle derrate alimentari. Le costruzioni più importanti di questo porto si concentrarono sul lato nord-ovest del bacino; qui infatti sorsero i cosiddetti Magazzini Severiani, grandi strutture di stoccaggio delle merci realizzate alla metà del II secolo d.C. Sempre dello stesso periodo anche la costruzione del Palazzo Imperiale, un sontuoso edificio di rappresentanza che ospitava viaggiatori di alto rango.
I Magazzini Severiani e il Palazzo Imperiale si affacciavano sul bacino esagonale, mentre un altro grande complesso di magazzini, i Magazzini Traianei, si sviluppava intorno alla Darsena, un bacino interno nel quale le merci venivano caricate su navi di piccolo tonnellaggio atte a risalire il Tevere. Per facilitare le operazioni di servizio del nuovo complesso, fu costruito un ulteriore canale, la Fossa Traiana. Queste vie d’acqua consentivano lo sfogo delle piene verso il mare, liberando Roma dal flagello delle inondazioni, e contemporaneamente raddoppiando anche il collegamento con Ostia, che adesso era assicurato da due corsie di navigazione. In breve tempo il Portus Traiani superò per importanza il porto di Pozzuoli, che fino ad allora era considerato il principale scalo commerciale di Roma, e questo anche grazie al collegamento diretto con Roma assicurato dalla Via Portuense.
L’importanza del Portus Traiani aumentò sempre di più fino in età tardo antica, quando Portus divenne una città autonoma, con lo status di municipio, e non fu più considerato un sobborgo di Ostia, ormai in decadenza. Nello stesso periodo il Portus Traiani fu protetto anche da un circuito di mura difensive. Il bacino del Portus Traiani è ancora oggi visibile e facilmente identificabile, grazie alla sua forma esagonale, nelle foto satellitari – date un’occhiata su Google Maps cosa nascondono le coordinate 41°46’47.1″N 12°15’44.7″E, oppure seguite questo link diretto (c’è anche un’immagine qui di seguito).
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