La vicenda dell’antica città portuale di Ostia, con il suo lento ma definitivo abbandono, offre la rara opportunità agli archeologi di disporre nella sua interezza di una città romana, sulla quale mai si sono sovrapposti abitati medievali o moderni. Nulla è stato alterato nelle epoche successive e, malgrado siano ridotti a ruderi, gli edifici hanno conservato la capacità di testimoniare I più vari aspetti della vita, quotidiana e non, come si svolgeva all’epoca della Roma imperiale. Tra queste testimonianze spiccano per varietà ed abbondanza i resti dei luoghi di culto, quelli dedicati a Mitra, in particolare (vedi articolo precedente sul culto di Mitra nell’antica Ostia).
Ostia Antica sorse alla foce del Tevere, si sviluppò come porto marittimo della capitale e divenendo un nodo fondamentale nella rete commerciale mediterranea, si aprì alla penetrazione di culti orientali come quello di Mitra. Del Mitraismo oggi sappiamo poco, perché essendo una religione misterica, il suo credo e la sua liturgia venivano trasmesse segretamente da maestro a discepolo, dopo che quest’ultimo, superate prove iniziatiche veniva ritenuto degno di apprendere I Misteri. Paradossalmente tra le rare fonti letterarie che abbiamo a disposizione si annoverano proprio gli scritti degli apologeti cristiani, in polemica con la dottrina dei loro rivali e poco obiettivi. Insomma, senza le evidenze archeologiche dell’architettura e della decorazione dei mitrei, che ad Ostia sono così bene rappresentati, avremmo veramente poco da dire su questa religione.
Dopo aver visitato nel nostro ultimo articolo il Mitreo delle Sette Porte, oggi esploriamo il Mitreo di Felicissimo. Il Mitreo di Felicissimo, situato nel centro della città di Ostia Antica. Non si trova al consueto livello sotterraneo ma è ricavato al piano terra di un edificio preesistente, caratteristica tipica delle abitazioni di Ostia. Della sala di culto (Spaelum) non è rimasto altro che la traccia del muro ed il mosaico pavimentale assai ben conservato. L’ingresso in questo caso non poteva aprirsi come al solito sul lato corto opposto all’altare, perché in questo modo si sarebbe affacciato direttamente sulla pubblica via mentre è d’uso avere un ingresso allo spaelum più filtrato, attraverso gli altri ambienti interni, che sempre affiancano la sala principale dei mitrei. Perciò la porta è stata aperta lungo il muro di sinistra, in corrispondenza della nicchia, che si apre sul muro di fronte. Davanti alla porta si stende il più grande riquadro a mosaico, esteso su tutto lo spazio da una parete all’altra. I riquadri successivi coprono solo la parte centrale e sono organizzati in sette pannelli della stessa dimensione e dallo stesso schema compositivo, più un riquadro finale davanti all’altare.
Il primo riquadro presenta accanto all’entrata un pozzetto d’acqua rituale, un altro elemento tipico presso l’entrata nei mitrei, al centro l’immagine di un vaso, allusione all’elemento acqua e più a destra un altare con sopra la fiamma accesa, allusione all’elemento fuoco. Girandosi verso il corridoio centrale, prima della serie dei sette riquadri sono rappresentati due berretti conici con la stella, simbolo dei Dioscuri ma in questo caso da mettere in relazione anche con Cautes e Cautopates, i due divini e fedelissimi assistenti di Mitra, mentori degli adepti lungo il loro percorso iniziatico. Già in questo messaggio si coglie l’attitudine del mitraismo ad associare divinità tradizionali romane a quelle proprie del nuovo culto.
La serie dei sette riquadri omogenei nel suo insieme offre l’immagine di una scala, che ascende attraverso i sette cieli verso quello superiore. Nel mitreo delle Sette Sfere questa idea delle sfere celesti è ancora più esplicitamente sviluppata. La successione dei suoi scalini allude ad ognuno dei sette gradi d’iniziazione mitraica. Il primo riquadro corrisponde al grado inferiore, quello del Corax, il corvo, animale considerato come il messaggero di Mitra è perciò associato a Mercurio; il secondo rappresenta il grado successivo, quello del Nynphus, lo sposo mistico, associato alla dea romana dell’amore, Venere attraverso la rappresentazione del suo diadema; il grado di Miles, soldato, è associato al dio della guerra Marte, rappresentato attraverso le sue armi; il grado successivo è il Leo, leone, associato a Giove attraverso la rappresentazione di una saetta, elemento di fuoco, come nel fuoco doveva svolgersi l’iniziazione a questo grado; il Perses, persiano, grado successivo, rappresentato dalla spada falcata e associato attraverso la forma falcata della mezzaluna alla Luna; il grado successivo di Heliodromus, corriere del Sole, si riconosce nel simbolo della corona solare a sette punte; ultimo grado il Pater, viene associato al padre di tutti gli dei, Saturno, attraverso il falcetto, che lo caratterizza. L’ultimo riquadro ripropone l’immagine del vaso d’acqua con attorno i frutti della terra, che il dio Mitra ha reso fertile. Appare qui anche il titolo, il nome del benefattore, che ha fatto costruire questo mitreo, Felicissimo.
Questo schema decorativo ci descrive la stretta analogia, che si vuole suggerire tra la struttura del cosmo, come la immaginavano gli astronomi antichi e la gerarchia tra gli adepti di Mitra: le divinità romane scelte come protettrici dei diversi gradi sono infatti quelle identificate con i pianeti. Emerge immediatamente pure la differenza incolmabile, che separa questa religione enoteista dal contemporaneo Cristianesimo, religione invece monoteista ed incompatibile con il Pantheon degli dei romani. Non esisteva dunque conflitto alcuno tra il culto di Mitra e la religione pubblica dei Romani, e questo rappresentava un grande vantaggio sulla religione dei Cristiani, che fino al tempo di Costantino, non avendo ancora guadagnato la libertà di culto, erano costretti a celebrare le loro liturgie in una condizione di clandestinità. Probabilmente al tempo di Felicissimo i più avrebbero scommesso sull’affermazione definitiva del mitraismo, poi però le cose andarono diversamente.
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